Le contraddizioni insostenibili del clericalismo e del ministero

Il 28 settembre 2019 a Milano il Coordinamento 9 marzo (sostenuto da Comunità ecclesiale di Sant’Angelo, Noi siamo Chiesa, La Rosa Bianca, Centro Helder Camara) ha promosso l’incontro con l’intervento di Lidia Maggi e Andrea Grillo.

E’ disponibile la video registrazione dell’evento al seguente link

Di seguito la sintesi a cura di Enrico Peyretti

Lidia Maggi (pastora battista)
Questa chiesa è mia, la chiesa è unica. Non parlo da osservatrice esterna.

La chiesa battista ha avuto il pastorato femminile nel 1983, la chiesa valdese dieci anni prima, per istanza di Tullio Vinay, uomo.

Scoramento e stanchezza per la lentezza cattolica sui ministeri.

I ministeri nella Bibbia. Nelle prime due generazioni c’è ministerialità fluida. Alla fine del 1° secolo, prima lettera a Timoteo, pseudo-paolina, la più maschilista. La piccola chiesa respira l’atmosfera patriarcale, riduce lo spazio femminile. Non funziona più il «Tra voi non così» (Luca 22,26). Ci sono donne (vedove, nubili, senza il padrone uomo) libere di muoversi, ma si istituisce un registro solo di quelle sopra i 70 anni. «Le donne si salvano sposandosi e facendo figli» (2,15).

Disordini a Corinto nati da questa restrizione.

Gesù ha chiamato uomini e donne: Luca 8. Donne a due condizioni: 1) liberate da schiavitù del patriarcato 2) chiamate da Gesù. Lo servivano con i loro “beni”, forse anche carismi, qualità.

Le donne alla crocifissione: fuggono, non sono migliori degli uomini, non c’è retorica del genio femminile. Così fuggono dall’angelo della risurrezione, in Marco.

Il numero dei Dodici è simbolico: non sempre gli stessi, solo il numero 12. Ma tutti maschi.

L’altra metà del testo della Scrittura siamo noi lettori. Non basta l’interpretazione esatta. Nel testo stesso nascono ministeri nuovi. Atti 6: per una esigenza storica (non di Gesù), i Dodici convocano un sinodo di tutti i discepoli, individuano i diaconi. C’è ancora il demone del patriarcato.

Dal movimento carismatico alla struttura, fino al diritto canonico. Si divide il primcipio petrino e il principio mariano. Atti 9: noi cristiani nasciamo come movimento eretico, poi diventiamo ortodossia che non tollera variazioni. Quelli della “via” (seguaci di Gesù) danno il meglio in quanto perseguitati, eretici. Il segno che crea appartenenza e ministerialità è la chiamata, il riconoscimento comunitario, col nome proprio, non di famiglia, non del marito.

Ripartiamo dunque dal battesimo, oggi ridotto a semplice benedizione, rito antropolgico, festa della nascita.

Anche il soggetto maschile si interroga sulla violenza, che è nelle chiese stesse. Una classe dirigente celibe fa mancare la sessualità, che è un ingrediente cognitivo della persona. Il celibato è incompetente a gestire una comunità umana. Papa Francesco è incompetente sulle donne. Parla contro il clericalismo, deride i preti gonna lunga e cappello ad anello di Saturno, ma non tocca il sistema che li forma così. Ha dato risposte infelici sulle donne.

Andrea Grillo (teologo laico cattolico)

C’è un travaglio storico sul ministero femminile, comune alle diverse chiese.

L’elefantiasi canonistica (dal codice del 1917) è una forte secolarizzazione (mondanizzazione). Per più di un secolo si era detto che il codice [Rivoluzione francese; Napoleone] è il demonio, poi il codice di diritto canonico diventa immodificabile, vale come la Scrittura. Il potere è divinizzato. Ma il dono dello Spirito è dato ad ognuno.  Il nostro problema comincia con la Rivoluzione Francese, quando cambiano le forme dell’autorità. Da fine ‘700 il cattolicesimo è opposto alla società (specialmente sul matrimonio, che ha due regimi diversi: religioso e civile, questo condannato). 

La crisi odierna della confessione dipende dalla nuova valorizzazione di battesimo, cresima, eucarestia. Per secoli la confessione era il quarto sacramento: perché era diventato il secondo, prima dell’eucarestia, anche prima della prima comunione?

Il vangelo deve renderci più liberi degli altri. L’autorità non è solo il passato, ma è passato + presente + futuro. Tutte le tradizioni sono in crisi.

Oggi tre punti: 1) il Concilio: dal 2013 (con papa Francesco) si può citare, è un’autorità che viene dal passato ma apre alla storia;

2) ma è stata ancora usata l’identità tradizione = potere;

3) dopo il Concilio e nonostante il Concilio, si ripropone questa identificazione.

Il Concilio restituisce autorità alla chiesa presente. Francesco assume dal Concilio il fatto che la chiesa si è riconosciuto il potere di riformulare il passato. Però è messo in discussione che la chiesa abbia questo potere, perché l’idea bloccata di tradizione vigeva fino a metà del Novecento.

Giovanni XXIII (discorso di apertura del concilio): la chiesa può formulare diversamente la tradizione. La “indole pastorale” del Concilio cambia l’idea di tradizione. Cambia anche il metodo: è un evento linguistico e di stile, cambia l’idea di autorevolezza. Tutti i concili dall’origine, o dogmatizzano o condannano. Il Vaticano II apre una fase nuova.

Poi, si resiste al Vaticano II in due modi:

a) continuare come prima. Per essere prete bisogna entrare nel seminario del 1500, invece di stare nella tradizione in modo creativo, attingendo alla cultura del nostro tempo. Ora, bisogna modificare la tradizione tridentina, che conosce solo la chiesa e ignora la cultura del mondo.

b) c’è un modo più subdolo: combattere il Vaticano II dall’interno, negandone il metodo pastorale. Questa seconda forma usa un argomento del ’68: «Il potere è brutto». La chiesa deve spogliarsi del potere di cambiare.

Contro l’ordinazione delle donne, nel 1994, non c’è un argomento, ma solo: «non si può». L’argomento di S. Tommaso era non teologico, ma sociologico: le donne escluse come gli storpi, malati, ecc.. La donna non comanda, è tra i disabili per quella società. Argomento che dipende tutto da quel tipo di società. Ma oggi siamo usciti da quell’immaginario. Giovanni XXIII nella Pacem in terris indica come “segno dei tempi” la promozione della donna nella società: la chiesa ci pensi.  Il «non si può» non è un argomento. C’è già un potere delle donne nella chiesa, si tratta di vederne il fondamento.

Nella liturgia, nel 2001, furono disposte solo traduzioni letterali, che sono più facilmente sbagliate. Ratzinger volle la traduzione letterale della salvezza “per molti”, poi spiegava che significava “per tutti”. Ancora oggi dicono che il vero modo di celebrare è quello tridentino.

Invece, tradurre (traduzione e tradizione) è “continuità in modo discontinuo”.

La Amoris Laetitia riconosce che nella realtà ci sono divorziati risposati in comunione ecclesiale.

Se non onori le domande nuove, che prima non c’erano, perdi autorità. Va bene affrontare i problemi per gradi, p. es. ordinare prima uomini sposati.

Oggi c’è un blocco sul passato. Anche papa Francesco è stereotipato sul femminile. Bisogna dargli argomenti.  Ora il sinodo dell’Amazzonia riconoscerà il potere delle donne, la gerarchia femminile in molte comunità.