25 aprile di libertà, di speranza e responsabilità

Nel segno del 25 aprile #iorestolibera #iorestolibero si sono tenute occasioni in tutta Italia per celebrare e coltivare memoria viva di una scelta di libertà per un futuro migliore, a rischio della propria vita.

Sono stati tanti incontri non virtuali, con persone reali, per riscoprire e ricollegarsi nel segno della resistenza e della libertà.

Nell’incontro proposto su “Ribelli per amore” sono state raccolte diverse testimonianze di impegno di donne e uomini per la libertà e nella Resistenza per custodire, difendere, accogliere chi era perseguitato, contrastare le barbarie dell’occupazione nazi-fascista, e smontare la propaganda e le menzogne della dittatura attraverso la parola e le scelte di ogni giorno. Una opposizione al regime, maturata nelle fabbriche, nelle campagne o sulle montagne.
Non ci sono liberatori, ma uomini che si liberano” scriverà su “Il Ribelle” Teresio Olivelli.

E’ disponibile sia il video della conferenza che la presentazione preparata da Anselmo Palini.

Don Luigi Ciotti intervenendo all’iniziativa di Casa Cervi ha sottolineato come «per costruire un vero cambiamento  bisogna innanzitutto ripensare e ricostruire la nostra idea di  libertà. Perché la libertà, voi me lo  insegnate, è un bene comune  prima che individuale. E’ un bisogno la  libertà di tutti. La libertà è il motore più potente della storia quello che  spinge a lottare contro le ingiustizie  le violenze e le sopraffazioni del dittatore » .

E ha concluso il suo intervento «con gli auguri di continuare a camminare  insieme, impegnarci per la libertà di  tutti e anche per non dimenticarci che quando tocchiamo con mano ingiustizie,  violenze, sopraffazioni, volgarità, linguaggi, modalità che calpestano la  dignità delle persone  non possiamo stare zitti ma soprattutto  non possiamo stare inerti e come dice  papa Francesco,  anche nei momenti difficili della nostra vita, nella società,  il pessimismo non mortifichi la speranza  buon 25 aprile di libertà, di speranza e di  responsabilità » .

Per il 25 aprile il sindaco di Collebeato (BS) Antonio Trebeschi ha voluto ricordare con questo discorso il 75° della liberazione.

«“Onorare i padri” è il titolo di una raccolta di scritti di protagonisti della Resistenza pubblicata dall’Associazione Fiamme Verdi “per mantenere viva la fiaccola della libertà che i nostri Padri ci hanno affidato”.

In rete si trova una bella poesia di Fulvio Marcellitti dedicata ai tanti padri e madri di un tempo, oggi nonni, che nei giorni di questa pandemia ci hanno lasciato.

“Se ne vanno. Mesti, silenziosi, come magari è stata umile e silenziosa la loro vita, fatta di lavoro, di sacrifici. Se ne va una generazione, quella che ha visto la guerra, ne ha sentito l’odore e le privazioni, tra la fuga in un rifugio antiaereo e la bramosa ricerca di qualcosa per sfamarsi. Se ne vanno… visi segnati da rughe profonde… Mani che hanno spostato macerie…
Ci lasciano, avvolti in un lenzuolo, come Cristo nel sudario… con il sudore hanno ricostruito questa nostra nazione, regalandoci quel benessere di cui abbiamo impunemente approfittato. Se ne va l’esperienza, la comprensione, la pazienza, la resilienza, il rispetto, pregi oramai dimenticati. Se ne vanno senza una carezza, senza che nessuno gli stringesse la mano, senza neanche un ultimo bacio. Se ne vanno i nonni, memoria storica del nostro Paese, patrimonio della intera umanità.
L’Italia intera deve dirvi GRAZIE e accompagnarvi in quest’ultimo viaggio con 60 milioni di carezze…”.

In questi giorni militari dell’Armata Russa [Giornale di Brescia 22/04/2020], affiancati da militari italiani con il supporto logistico degli alpini in congedo, sono entrati in azione sul territorio bresciano. Per un mese opereranno sull’intera provincia alla disinfezione delle case di riposo e delle residenze sanitarie per disabili, compresa la scuola Nikolajewka di Brescia, circostanza dal grande valore simbolico, pensando alla drammatica battaglia che gli alpini italiani combatterono nel 1943 contro i reparti dell’Armata Rossa.

Questa pandemia ha sovvertito e sta sovvertendo tante condizioni che abbiamo dato troppo spesso per scontate, acquisite per sempre – magari solo per una parte, ma la cosa non ci preoccupava più di tanto. C’è chi dice che niente potrà più essere lo stesso.
Certamente non potrà tornare chi ci ha lasciato e la crisi profonda che sta travolgendo interi settori dell’economia non sarà facile da superare.

Il blocco di gran parte delle attività ed di ogni tipo di contatto umano, la scoperta di una vulnerabilità dalla quale nessuno ha potuto ritenersi indenne, ci deve portare ad una riflessione che in questi anni di frenetica corsa abbiamo, per lo più, superficialmente accantonato.
Una riflessione sul nostro rapporto con l’ambiente e con gli altri, una riflessione sulle priorità della vita, una riflessione sul corretto uso delle risorse.

Con la consueta lucidità Papa Francesco sollecita questa riflessione.

“Le frontiere cadono, i muri crollano e tutti i discorsi integralisti si dissolvono dinanzi a una presenza quasi impercettibile che manifesta la fragilità di cui siamo fatti. Saremo capaci di agire responsabilmente di fronte alla fame che patiscono tanti, sapendo che c’è cibo per tutti? Continueremo a guardare dall’altra parte con un silenzio complice dinanzi a quelle guerre alimentate da desideri di dominio e di potere? Saremo disposti a cambiare gli stili di vita che subissano tanti nella povertà, promuovendo e trovando il coraggio di condurre una vita più austera e umana che renda possibile una ripartizione equa delle risorse? Adotteremo, come comunità internazionale, le misure necessarie per frenare la devastazione dell’ambiente o continueremo a negare l’evidenza? La globalizzazione dell’indifferenza continuerà a minacciare e a tentare il nostro cammino?”.

Penso che questa celebrazione possa essere una buona opportunità per andare a ritrovare validi riferimenti, forse dimenticati o, comunque, mai abbastanza fatti propri.

Il 25 Aprile, Festa della Liberazione, è la data che rappresenta uno spartiacque nella storia del nostro Paese. La fine della tragedia della guerra e della dittatura fascista, con la sua politica fondata su superiorità, discriminazione, separazione e autoritarismo, che faceva leva sulla minaccia, sulla paura e sulla delazione.
I valori e gli ideali che unirono le varie anime della Resistenza vennero espressi nella Carta Costituzionale dove, nella ferma volontà di tradurre in precise disposizioni le speranze e le attese per un profondo cambiamento dello Stato e della società, vennero posti tra i principi fondamentali Diritti Inviolabili e Doveri Inderogabili per ogni cittadino:

“Doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale [art. 2]; pari dignità sociale e uguaglianza davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali [art.3]; il diritto al lavoro e il dovere di svolgere un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società [art.4]; il diritto d’asilo allo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche [art. 10]”;

E ancora: “il diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi [art. 17]; di associarsi liberamente [art. 18]; di professare liberamente la propria fede religiosa [art. 19]; di manifestare liberamente il proprio pensiero [art. 21]; il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del proprio lavoro [art. 36]; al mantenimento e all’assistenza sociale per chi è inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere  [art. 38]; il diritto di sciopero [art. 40]; il sacro dovere di difendere la Patria [art. 52]; il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi e, per i cittadini cui sono affidate le funzioni pubbliche, il dovere di adempierle con disciplina e onore [art. 54]”.

Un dettato costituzionale e i suoi ideali ispiratori che non solo caratterizzano la netta cesura con il sistema di violenza e terrore nazifascista, ma costituiscono il solido riferimento del nostro sistema democratico. E a questi  contenuti dobbiamo guardare non come vessillo da sbandierare o brandire contro gli avversari politici quando fa comodo, magari senza neppure conoscerli, ma come reale fondamento per le nostre scelte.

Lionello Levi Sandri che guidò i partigiani nelle battaglie del Mortirolo e, dopo la guerra, fu consigliere comunale a Brescia, Commissario europeo e presidente del Consiglio di Stato, ai comandanti partigiani, a Bassano del Grappa nel 1984, ricordava che:

“la Resistenza e gli ideali che l’hanno ispirata possono ancora incidere ed essere vivi nella nostra società… solo se saremo capaci di alimentare ancora la nostra rivolta morale, se saremo decisi a non accettare le ingiustizie e le prepotenze e a non essere di fronte ad esse sordi ed inerti; se rimarremo ribelli ad ogni forma di ingiustizia, di sopraffazione, di iniquità, comunque essa si manifesti”.

Mentre per lo storico Pietro Scoppola:

“Il processo di liberazione non è mai compiuto: non è compiuto nelle coscienze dei singoli, non lo è nella vita sociale. La liberazione dell’uomo, di tutti gli uomini, dall’oppressione, dalla miseria, dall’ignoranza, dalla paura… è un obiettivo sempre valido, sempre necessario e sempre aperto.
Celebrare il 25 aprile significa … aprirsi alla cultura della liberazione, all’idea di traguardi più avanzati di dignità e di libertà umana, a una idea di democrazia che coniuga tensione utopica e ricerca di adeguati strumenti istituzionali; significa aprirsi alla prospettiva di una lotta per la liberazione che continua oggi e deve continuare domani”.

Pertanto se davvero vogliamo “Onorare i Padri” a 75 anni dalla Liberazione, “mantenere viva la fiaccola della libertà che ci hanno affidato”  e, soprattutto, intraprendere un serio cammino per superare la crisi della pandemia verso una condizione di maggiore equità e giustizia, dovremo essere capaci di seguire il loro insegnamento e il loro esempio.
La ricostruzione dalle macerie della guerra è stato frutto di concordia ed unità d’intenti, competenza, coraggio, lungimiranza ed anche attenzione ai più deboli.
Basta allora sterili battibecchi tra tifoserie politiche, che non guardano ai contenuti ma soltanto alla visibilità. Basta superficialità e improvvisazione. Ciascuno dia il proprio contributo in modo onesto e costruttivo. Le risorse a disposizione devono essere indirizzate alle reali necessità, attraverso valutazioni serie, guardando ad un orizzonte che vada al di là della ricerca del consenso immediato.

Il sacro dovere di difendere la Patria si dovrà tradurre nel potenziamento – finanziamenti e strategie organizzative – della ricerca, della sanità, delle politiche sociali, della scuola, del sistema di accoglienza, della messa in sicurezza di strutture e territorio. Basta muri, separazioni, discriminazioni, furbizie, evasione fiscale. Che, finalmente, il Parlamento abbia il coraggio di ridurre significativamente le spese per gli armamenti e eliminare i decreti sicurezza. Non è davvero più pensabile che si investano ogni anno decine di miliardi di euro per cacciabombardieri nucleari e altre armi da guerra e ci siano leggi che alimentano l’irregolarità e la discriminazione.

Aldo Moro nel 1944 scriveva: “Ora dobbiamo percorrere una lunga e difficile strada: dobbiamo appunto ricostruire. Cominciamo di qui. Rimettiamoci tutti a fare con semplicità il nostro dovere… Chi ha da studiare, studi. Chi ha da insegnare, insegni. Chi ha da lavorare, lavori. Chi ha da combattere, combatta. Chi ha da fare della politica attiva, la faccia, con la stessa semplicità di cuore con la quale si fa ogni lavoro quotidiano. Madri e padri attendano ad educare i loro figlioli. E nessuno pretenda di fare più o meglio di questo. Perché questo è veramente amare la Patria e l’umanità”.

Concludo con le parole pronunciate i giorni scorsi da Papa Francesco:

“Se abbiamo potuto imparare qualcosa in tutto questo tempo è che nessuno si salva da solo… Ogni azione individuale non è un’azione isolata, nel bene o nel male. Ha conseguenze per gli altri, perché tutto è interconnesso.
Questo è il tempo… che ci chiede di non conformarci né accontentarci, e tanto meno di giustificarci con logiche sostitutive o palliative, che impediscono di sostenere l’impatto e le gravi conseguenze di ciò che stiamo vivendo. Questo è il tempo propizio per trovare il coraggio di una nuova immaginazione del possibile.
Che ci trovi con gli anticorpi necessari della giustizia, della carità e della solidarietà.  Non possiamo permetterci di scrivere la storia presente e futura voltando le spalle alla sofferenza di tanti.
Non dobbiamo aver paura di vivere l’alternativa della civiltà dell’amore, che è “una civiltà della speranza: contro l’angoscia e la paura, la tristezza e lo sconforto, la passività e la stanchezza. La civiltà dell’amore si costruisce quotidianamente, ininterrottamente. Presuppone uno sforzo impegnato di tutti. Presuppone, per questo, una comunità impegnata di fratelli”.
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Collebeato, 25 aprile 2020
Antonio Trebeschi