Fermare la guerra oggi per abolirla domani

nato, ukraine and russia flag on signpost outdoors in nature.

D’intesa con l’autore e con la direzione di “Appunti di cultura e politica”, rivista edita dall’associazione Città dell’uomo, C3dem anticipa la  riflessione sul drammatico problema della guerra in Ucraina. Il testo uscirà in seguito come editoriale del fascicolo n. 2/2022 della rivista.

di Fulvio De Giorgi

Davanti alla tragedia impensata della guerra infraeuropea tra Russia e Ucraina vengono in mente, con un impotente sentimento di sgomento, i versi di Quasimodo: «Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo».

Nello svolgersi degli eventi, un repentino e travolgente universo di pensiero si è imposto tra di noi ed ha progressivamente sovrapposto sul senso morale di doveroso soccorso per il colpito e di aiuto umanitario all’aggredito, ha sovrapposto, dicevo, un impulso politico di schieramento dalla parte dell’aggredito per fermare l’aggressore. Il risultato di fatto è che la situazione si è evoluta e alla guerra infraeuropea cruenta e calda (e sempre più imbarbaritasi) si è collegata una guerra fredda attiva di molti paesi di area Nato, Italia inclusa. Non una guerra fredda passiva, ma una guerra fredda attiva, che vuole colpire l’aggressore e vincere la guerra che l’aggressore, aggredendo, ha dichiarato.

Siamo quindi in un momento storico di guerra pluridimensionale, in cui da Italiani ci troviamo coinvolti come belligeranti. Non propriamente o non soltanto una terza guerra mondiale “a pezzetti”, ma una terza guerra mondiale a più piani. In questo contesto la riflessione, le valutazioni e i giudizi sono, da una parte, intellettualmente obbligati (cioè non ci si può sottrarre a questo compito) e, dall’altra, anche riuscendo a far tacere l’emotività e l’indignazione verso una tale aggressione, comunque difficili, perché non si è sempre sicuri delle informazioni disponibili sui fatti reali (nonostante l’eroismo di tanti giornalisti). Siamo pertanto consapevoli che si tratta di riflessioni che si fondano su un terreno insicuro, accidentato e forse incerto: ma non ne abbiamo un altro.

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