L’urlo della solitudine precaria, tra lavoro e sfruttamento.
Racconto del percorso di lettura collettiva del testo di Marta Fana.
di Ettore BUCCI

«”Io non ho tradito, io mi sento tradito” sono le parole di un ragazzo, appena trentenne, che decide di abbandonarsi al suicidio denunciando una condizione di precarietà, un sentimento di estrema frustrazione. Non è l’urlo di chi si ferma al primo ostacolo, di chi capricciosamente non vede riconosciuta la propria ‘specialità’. È l’urlo di chi è rimasto solo. Di precariato si muore. Tutto questo ha a che fare con le trasformazioni della nostra società, a partire dai diritti universali, dal lavoro, dall’umanità e dalla solidarietà negate.
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