Le parole dei ragazzi della Rosa Bianca: liberta, responsabilità, giustizia continuano a guidarci nella lettura della storia e nell’incontro con le storie e le persone che vivono sulla loro pelle e nel loro intimo, le tragedie che, purtroppo, si ripetono.
D’intesa con i missionari saveriani, la redazione della loro rivista MissioneOggi, che pure mantiene viva questa attenzione senza reticenze, e l’editrice Il Margine, che da oltre dieci anni propone libri che aiutano a conoscere, amare, cambiare il mondo, abbiamo pensato di portare all’attenzione della nostra città una storia, una storia pesante radicata nella guerra che ha solcato la realtà balcanica negli anni ’90.
È la storia di Zijo Ribic, rom-bosniaco. La sua battaglia per la verità e per la giustizia, la sua attenzione nell’usare le parole per non generalizzare e la sua scelta di perdonare e di non odiare, hanno aperto nuove prospettive nel difficile tentativo di dialogo e confronto con il passato.
Una famiglia sterminata dai ‘cetnici di Simo’ sotto gli occhi di un bimbo di sette anni, Zijo. Recentemente (gennaio 2016), in occasione della sepoltura di quattro delle sue sorelle, ancora una volta in lacrime, Zijo è riuscito a dire davanti a tutti “Io non odio”. Poteva dire qualsiasi cosa – e gli sarebbe stato concesso – ma ha detto questo… Thropacsutico e aveva la forza di un’invocazione.
Andrea Rizza Goldstein, fotografo della Fondazione Alexander Langer di Bolzano, ha curato una mostra fotografica sulla storia di Zijo e noi la portiamo nella nostra città nella chiesa di San Cristo, ove rimarrà esposta dal 25 febbraio , giorno dell’ inaugurazione con la presenza di Zijo, sino al 5 marzo. Andrea Rizza Goldstein e Alberto Bobbio, giornalista di Famiglia Cristiana, presenteranno la mostra alle ore 17 di sabato 25 febbraio.
La storia di Zijo è stata messa in luce grazie all’evento “Io non odio/Ja ne mrzm” organizzato nel 2016 dalla Fondazione Benetton Studi e Ricerche in collaborazione con la Fondazione Alexander Langer Stiftung presso la sede di Palazzo Bomben in Treviso nel quadro della campagna culturale del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2014 relativo ai villaggi di Osmace e Brezani, Srebrenica, Bosnia-Erzegovina.