VIA DALLA PAZZA GUERRA

UN RAGAZZO IN FUGA DALL’AFGHANISTAN

di Alidad Shiri (edizioni HarperCollins)

ALIDAD SHIRI, di origine afghana, è arrivato in Alto Adige nel 2005. Oggi ha 30 anni, vive a Bolzano e si è laureato in Filosofia politica.

Era solo un bambino quando ha visto scoppiare la guerra in Afghanistan e ne ha subito le conseguenze più tragiche: la perdita della famiglia.

Attualmente è giornalista e collabora con varie associazioni umanitarie, tra cui UNHCR Italia. Nel 2007 la sua storia è diventata un libro precedentemente pubblicato dalla casa editrice “Il Margine” che oggi HarperCollins ripropone in una nuova versione approfondita.

Da anni Alidad porta la sua testimonianza nelle scuole per raccontare il viaggio incredibile per sfuggire dalla guerra e il percorso che lo ha spinto a farsi portatore di pace.

Un giorno di agosto del 2005 un tir si ferma in un autogrill vicino a Bressanone. Da sotto sbuca un ragazzino. È tramortito, sporco. Si era legato di nascosto all’asse delle ruote posteriori prima che il tir si imbarcasse su una nave in partenza dalla Grecia. Poi Venezia, l’autostrada, quattro ore infinite. Molti altri erano morti così. Quel ragazzino si chiama Alidad Shiri e ha solo quattordici anni.

È arrivato dall’Afghanistan, dove i genitori, una sorella e la nonna erano stati uccisi. Si era rifugiato in Pakistan con il fratello, l’altra sorella e gli zii. Ma due anni dopo era partito da solo, inseguendo la speranza di un futuro diverso.

Il suo viaggio incredibile e pericoloso è durato quattro lunghi anni, passando per Iran, Turchia e Grecia.

Ora quel ragazzo ha trent’anni, una laurea in filosofi a e lavora come giornalista. Vive in Alto Adige, dove ha trovato una famiglia che gli ha spalancato le braccia e, soprattutto, una comunità solidale.

Alidad racconta la sua storia di bambino che è fuggito dall’Afghanistan in guerra, un paese che oggi, dopo vent’anni, si ritrova di nuovo in uno stato di terrore. E con questo libro testimonia ogni giorno al mondo il grande potere dell’accoglienza.

Il mio cuore batte all’impazzata, singhiozzo così forte che mi manca il respiro. È un dolore troppo grande che non immaginavo di riprovare dopo tanti anni.

Oggi la mia città, Ghazni, è stata occupata dai talebani. Di nuovo.

Cerco di controllare tutti i notiziari sperando che sia un brutto sogno.

Leggo nei volti della gente che cerca di abbandonare la propria casa una paura angosciante.

Tutti loro sanno cosa accade sotto il regime oppressivo dei talebani, l’hanno già vissuto vent’anni fa. E l’ho vissuto anche io.