La storia della Rosa Bianca

La memoria della Weisse Rose, le idee, le parole, l’azione politica di resistenza non violenta, il coraggio fino al martirio degli studenti di Monaco hanno affascinato ed affascinano generazioni di giovani europei.

Negli ultimi anni la loro storia è diventata patrimonio condiviso dell’Europa, grazie al lavoro instancabile delle Associazioni tedesche e recentemente al successo del bellissimo film di Marc Rothemund, su Sophie Scholl, proiettato con dibattiti appassionati in molte scuole italiane, (con maggiore diffusione dell’altrettanto provocante ed incisiva pellicola del 1989 di Michael Verhaeven, proiettata negli incontri dell’Associazione Rosa Bianca italiana.)

In Italia il nome della Rosa Bianca è stato fatto conoscere sia attraverso il racconto diretto di alcuni genitori che segnati dalla tragedia nazista, come nel caso Vittorio Emanuele Giuntella, padre dell’ispiratore della nascita della Rosa Bianca italiana Paolo Giuntella, consegnarono insieme al ricordo dei campi di sterminio e di lavoro, anche la memoria viva dei pochi dolorosi tentativi di resistenza, oppure attraverso qualche saggio consiglio di lettura come quella delle rare prime edizioni tradotte sulla vita dei fratelli Scholl.

A partire dalla fine degli anni 70 il “noi non taceremo” dei martiri antinazisti ed il grido “viva la libertà” cominciarono a diventare le parole d’ordine di un gruppo di giovani cattolici impegnati nell’associazionismo (Azione cattolica, Fuci, Agesci, Acli…), in movimenti ecclesiali e politici, che decisero di ritrovarsi periodicamente per confrontarsi sulla realtà, progettare iniziative, scambiarsi letture formative, costruire stili di vita alternativi a quelli consumisti e “rampanti” che cominciavano a crescere nell’Italia dei primi anni ’80.

Erano gli anni di uscita dal terrorismo, dopo il rapimento e la morte di Aldo Moro, del mancato rinnovamento della Democrazia Cristiana, dei molteplici tentativi di coniugare il solidarisrmo cristiano con gli ideali socialisti, del diffondersi dei movimenti femministi. Tempi in cui la Chiesa italiana, dopo l’entusiasmo del convegno “Evangelizzazione e promozione umana”, nel solco delle speranze suscitate dal Concilio, non sembra accettare l’opzione di un pluralismo dei cattolici impegnati in politica.

I giovani e le giovani che volevano essere “forti di spirito e teneri di cuore” trovarono ascolto e spazio di azione all’interno della Lega Democratica, movimento politico autonomo dai partiti, sorto a ridosso delle battaglie referendarie dei primi anni 70, in particolare quella sul divorzio, fondato ed animato da coloro che divennero dei veri e propri maestri viventi e che man mano andarono ad affiancarsi a quelli che tramite le letture, gli incontri personali, la memoria altrettanto viva e pericolosa erano i punti di riferimento ed il collante prezioso del pensiero e dell’azione politica di questo gruppo ancora in embrione.

Non solo poterono continuare ad attingere alle eredità lasciate da Emmanuel Mounier, J.Jacques Maritain, M.Ghandi, M. Luther King, George Bernanos, Tommaso Moro, don Lorenzo Milani, don Primo Mazzolari, Giorgio La Pira, Edith Stein, Hannah Arendt, ma poterono cominciare ad ascoltare e dialogare con questi adulti (tra gli altri Achille Ardigò, Luigi Bazoli, Leonardo Benevolo, Angelo e Paola Gaiotti De Biase, Ermanno Gorrieri, Nicolò Lipari, Luciano Pazzaglia, Luigi Pedrazzi, Roberto Pertile, Livio Pescia, Paolo Prodi, Roberto Ruffilli, Pietro Scoppola), i quali misero a disposizione tempo ed energie sia per la diffusione della rivista Appunti di cultura e politica, sia attraverso l’organizzazione di Convegni a Brescia ed a Pisa dal titolo suggestivo “Riamare la politica” nel 1980, (come simbolo fu adottato un fiore con la colomba bianca, a cui venne affiancata per alcuni anni la poesia di Josè Marti, per ricordare a tutti la nostra ispirazione al cammino delle comunità sudamericane), sia infine con l’organizzazione di una prima serie di scuole di formazione politica in Trentino( Mazzin nel 1981, Campitello di Fassa nel 1982).

Questa partecipazione attiva dei giovani crebbe con il passare degli anni, in particolare nella lunga serie di scuole estive organizzate a Brentonico ancora dalla Lega Democratica sino al 1985 ed in seguito direttamente dalla stessa Rosa Bianca, unitamente alla rivista Il Margine, nel frattempo nata in Trentino, pur se con crescente diffusione nazionale.

Con il tramontare dell’esperienza della Lega Democratica, nasce, infatti, l’esigenza di non disperdere né il patrimonio comune, nè la ricchezza delle molte relazioni intrecciate, caratterizzate da un rapporto franco, dalla convivialità degli incontri, dalla passione condivisa, dalle scelte di vita radicali.

La Rosa Bianca sceglie di diventare una comunità di vita politica, prima ancora che un’associazione, scrive un decalogo di comportamento, propone una piccola regola riassunta nei tre consigli: povertà di potere, castità di intenti, obbedienza ai bisogni reali dei poveri.

Sono gli anni della occupazione delle Istituzioni da parte del sistema dei partiti, del soffocamento del ruolo delle formazioni sociali, dei primi segnali della corruzione e dell’affarismo in politica.

La piccola regola assume nella vita personale, professionale, politica, sociale, ecclesiale il valore di una forma di resistenza non violenta seppur vissuta da un piccolo gruppo, di cui la Rosa Bianca italiana era debitrice nei confronti di quella tedesca.

Nel dicembre 1986 decisivo è l’incontro con don Giuseppe Dossetti, una delle più grandi figure del dopo guerra italiano, sia per la politica italiana (fu uno della Commissione dei 70 Costituenti), sia per la spiritualità universale (monaco, fondatore della Piccola Famiglia dell’Annunziata). Grazie al suo richiamo forte al primato della Scrittura che per i cristiani impegnati in politica diviene il nutrimento indispensabile per giungere ad “una sapienza della prassi” attraverso l’assunzione di “abiti virtuosi” e grazie alla perentoria esortazione a continuare sulla strada della formazione, l’attività della Rosa Bianca riprese sia con l’organizzazione delle scuole estive, sia con il periodico incontro annuale di spiritualità, sia con l’attuazione di laboratori locali di sperimentazione politica, sia infine attraverso alcune azioni simboliche tra le quali la più nota riguardò l’inoltro della difesa della buona fama di Giuseppe Lazzati (Costituente, rettore dell’Università Cattolica, maestro di laicità) innanzi al Tribunale ecclesiastico milanese.

La scelta dei temi formativi e degli ambiti di discussione viene scandita non solo dall’attualità politica, culturale, sociale ed ecclesiale italiana, ma anche dall’attenzione a ciò che si muove, avanza, cresce o decresce nel mondo intero ed in particolare nei paesi impoveriti ma ricchi di fermento ideale ed all’avanguardia nel rinnovamento dell’amore per la polis.

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