Sconfinamenti, tra sogni e visioni

dalla Scuola di formazione della Rosa Bianca.

Per eventuali approfondimenti si segnala che parte del materiale condiviso nella scuola di formazione è disponibile al seguente link 

Nell’ultima manifestazione per una “Europa senza Muri” del 28 agosto a Milano molte persone si sono ritrovate per riportare al centro della politica la dignità della persona e il progressivo crescere di discriminazioni, di atti di razzismo e di intolleranza alimentati dalle paure agitate da molti ambienti della politica.

In un mondo di sogni esausti a volte emergono segnali, anche se piccoli, rumorosi qualche volta anche un po’ dispersi in tante sigle, ciascuna con la propria storia e i propri percorsi. La scuola di formazione estiva della Rosa Bianca di quest’anno organizzata con la partecipazione di Agire Politicamente fin dal titolo “Sconfinamenti, tra sogni e visioni” ha voluto misurarsi a partire da un clima politico, culturale e sociale per ritrovare ragione, cuore e pensiero di fronte a questi tempi nuovi in cui la politica continua a essere  imbrigliata nella continua propaganda e fugge dal dare risposte a temi, problemi e attese delle persone.

Abitare i confini

I confini non sono luoghi che hanno in sé la sicurezza, neanche se presidiati da mura. Anche nella Bibbia le mura crollano, le certezze lasciano spazio all’inevitabile imprevedibile. I confini diventano luoghi abitati che lasciano lo spazio alle comunicazioni con-fusioni, alle trasformazioni. I “porti sicuri” dell’umanità non possono dipendere da quale lato del Mediterraneo vengano presi in conto. Il sogno, il desiderio per un futuro umano, si incrocia con la capacità di visione per pensare come potrebbe essere il futuro adoperandosi per certe scelte e opzioni nell’oggi.

Cronache di una rivoluzione

Di fronte allo sguardo smarrito di Omran, il bimbo siriano fotografato con i segni della guerra su di sé, sembra quasi che la rassegnazione alle barbarie possa averla vinta. In realtà ci troviamo di fronte ad una possibilità di umanità e ad una rivoluzione di portata epocale che non può lasciarci indifferenti nei fatti.
Vincenzo Passerini con la collaborazione e il linguaggio di Giorgio Romagnoni ci racconta di una rivoluzione che è già in atto. Gli oltre 5.000.000 di stranieri residenti nel nostro Paese, di cui 800.000 minori stanno già trasformando il nostro tessuto. Possiamo rifugiarci e dire che ciò non è vero ma se ci rendiamo conto che queste trasformazioni sono già in atto è necessario porsi il tema di come governare il cambiamento, con la consapevolezza che la convivenza tra persone differenti non è semplice e non esiste un processo scontato.

Ma lo possiamo fare solo ricercando un futuro di speranza non creando inimicizia, odio o affidandosi all’hate speech per un ritorno della propria parte politica.

Tra le cause della pressione migratoria non risultano estranee le guerre in terre apparentemente distanti da noi e le trasformazioni climatiche. Negli ultimi 40 anni la superficie del lago Ciad si è ridotta del 90%. La progressiva desertificazione del Sahel e l’impoverimento di una larga fascia subsahariana stanno creando le condizioni per la destabilizzazione politica dei paesi della regione, la permanenza di fenomeni terroristici quali quelli di Boko Haram e l’accentuarsi di migrazioni da quella parte del mondo.

Visioni globali per uno sviluppo sostenibile

I temi del nostro pianeta sono profondamente interconnessi

Nel far collimare gli interessi individuali con quelli del nostro pianeta ci si misura spesso con le ambizioni di crescita e di sviluppo. La sostenibilità si rapporta con la matrice di interdipendenze presentata da Mastrojeni dove si ritrova una stretta relazione tra sviluppo, pace, ambiente e diritti dell’uomo. Là dove si indebolisce uno di questi elementi, ne risentono gli altri.

Dove i cambiamenti climatici possono creare scompensi nell’equilibrio, si crea l’imprevedibile. Là dove il cambiamento si manifesta in situazioni di fragilità, nasce l’instabilità.

Un mancato raccolto in Burkina Faso può fare la differenza tra la possibilità per le persone che vivono in quella zona di alimentarsi correttamente e di mandare i loro figli a scuola per essere in grado di adoperarsi per la crescita della terra.

Queste interdipendenze sono state descritte e articolate nei 17 obiettivi dell’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile agenda 2030 approvata dalle Nazioni Unite nel 2015. La realizzazione di questi impegni richiede che i diversi aspetti sulla povertà, la fame, la salute, l’istruzione, la parità di genere, i servizi sanitari, ecc… vengano affrontati come parte di un tema complessivo da parte non solo delle istituzioni, ma di tutte le componenti della società.

La crisi economica si è trasformata in crisi sociale per 5 milioni di poveri (di cui 1 milione di minori). Sottolinea Giovannini come questo sia conseguenza di una insufficiente copertura delle politiche sociali in relazione a crisi prolungate nel tempo.

La previsione di crescita del PIL di circa il 2% all’anno difficilmente potrà contribuire in modo determinante a ridurre le disuguaglianze che vedono 120 milioni di persone in Europa a rischio di povertà ed esclusione sociale.

Il 50% di chi è povero e senza lavoro, resta povero dopo avere trovato una occupazione.

La globalizzazione ci porta a dire che tutti siamo noi. In passato le trasformazioni avvenivano nel corso dei secoli. In questo tempo tutto si trasforma in poche decine di anni.

Le tecnologie di cui disponiamo ci aiuterebbe a risolvere solo parte dei problemi. In un contesto in cui è sempre più crescente il tasso di robotizzazione e di automazione dei posti di lavoro i benefici rischiano di ricadere nelle mani di pochi.

Italia, Europa un unico destino

Ci ricorda Michele Nicoletti come sia necessario assumere la dimensione Europea come possibile livello in cui affrontare le emergenze e attivare un processo decisionale comune.

Nessuno degli stati europei preso singolarmente sulla base delle tendenze demografiche, di crescita economica e in relazione alla capacità militare potrebbe essere rilevante sui tavoli internazionali nei prossimi 20 anni.

Analogamente Elly Schlein sottolinea come alcuni temi non possano trovare riscontro nell’ambito dei confini nazionali, quali la crisi migratoria (attualmente solo 6 stati su 28 si stanno facendo carico dell’80% delle richieste di asilo nell’Unione Europea) su cui i diversi paesi dovrebbero fare ciascuno la propria parte; l’impegno circa le regole comuni in materia ambientale perseguendo gli obiettivi di crescita sostenibile; la sfida dell’inclusione sociale in un Europa in cui le disuguaglianze crescono sempre più; la trasparenza e la solidarietà anche applicate all’equità fiscale in presenza di una sempre crescente elusione e evasione fiscale; la politica estera e la sicurezza comune per non candidarsi all’insignificanza sul piano internazionale.

L’Europa è la punta più avanzata dello sviluppo sostenibile, dove le politiche sono state nel corso di questi anni più rispettose dell’ambiente avendo come risultato una riduzione drastica del CO2. E’ l’unica area del mondo in cui si è sviluppato il progetto di ricerca e innovazione Horizon 2020. Non si perseguono solo standard di vita con benefici immediati.

Abbiamo la doppia responsabilità di non dare per scontato quanto l’Europa ci ha dato e di provare a costruire insieme la prospettiva che manca affinché possa essere promessa di pace e propulsiva di maggiori opportunità e diritti.

 

Oltre le memorie divisive dell’Europa

La Destra in Italia alimenta la paura dello straniero, il razzismo, la discriminazione del diverso, dell’io al posto del noi, la rabbia con la sfiducia verso le istituzioni.

Le Destre stanno lavorando a Bruxelles per l’unificazione dei populisti. La partita è tutta aperta, anche se l’orizzonte si sta oscurando.

In Italia come d’altro canto in parte dell’Europa le ragioni del fascismo e dei movimenti  nazisti sono connessi al sentimento della gente.

Tutto questo di fronte alla persistenza di situazioni non risolte e all’innalzamento del rischio sulla base delle questioni strutturali non risolte tra cui sottolinea Cristina Simonelli temi quali la fabbricazione e il commercio delle armi, il caporalato, la corruzione, l’antiziganismo, l’omofobia

Nel leggere la situazione politica attuale molto ci fa pensare che le nostre istituzioni, il nostro vivere la comunità in questi mesi stanno subendo profonde trasformazioni. Sembrano tornare alla luce slogan che pensavamo persi nel tempo. Un razzismo non più strisciante trova spazio nelle parole, nelle manifestazioni di intolleranza.

Albertina Soliani – presidente dell’Istituto Cervi – ci ha ricordato attraverso le parole di Dossetti come la Costituzione Italiana sia stata scritta da quello che rimaneva in piedi dalle macerie morali e materiali del II conflitto mondiale: una idea della dignità dell’uomo, di democrazia, di libertà e di pace liberata dall’oppressione precedente.

In politica e nella storia è essenziale vivere con consapevolezza il proprio cammino e porsi dinanzi alla scelta radicale tra  empietà e giustizia, spietatezza e compassione, oppressione e libertà, sapendo che non tutto è facile, che non tutto è subito, che esiste anche il prezzo della fatica e della sofferenza delle scelte fatte.

Parole e percorsi per una nuova semina

Per questo bisogna prepararsi alla semina. La democrazia, un bene fragile, richiede di essere coltivato di continuo. Siamo nel campo della storia, che richiede un tempo della preparazione del campo, alla semina e al raccolto. Questo campo merita che ci si dedichi la vita.

E’ tempo di ritrovare la forza delle parole soprattutto là dove sono in atto tentativi di capovolgere i significati e le realtà delle situazioni attraverso una semplificazione della comunicazione ai fini politici. In questo capovolgimento troviamo ad esempio spesso che le vittime non sono i migranti abbandonati nel Mediterraneo, ma chi blocca le navi.

Paolo Ghezzi sottolinea come sia importante ritrovare parole che sappiano parlare al cuore delle persone nella misura in cui sappiano proporre cura, lavoro, fiducia.

Proprio le parole sono state il cuore dell’incontro con ragazzi e ragazze del servizio per la formazione all’autonomia di Brescia. Accompagnati da Livia De Carli e da altri educatori hanno condiviso il loro lavoro nella scuola di politica che li ha aiutati a prendere mano la propria vita come cittadini, per offrire una restituzione alla comunità di appartenenza.

Ne è nato un lavoro di conoscenza dei documenti fondamentali per il vivere comune (Costituzione, Convenzione dei Diritti dell’Uomo, Convenzione per diritti persone con disabilità) e di approfondimenti rispetto al rapporto tra le persone e l’ambiente in cui ci si trova con specifica attenzione a quelle condizioni che potrebbero portare a subire discriminazioni.

E’ stato avviato un percorso di conoscenza, praticato con un linguaggio facilitato, attraverso la modalità “easy to read”. Parole che prima risultavano di difficile comprensione sono state rilette in modo che potessero essere intese e avessero qualcosa da dire alle nostre storie, anche là dove sembravano relegate a linguaggi e interazioni con i problemi adatti solo per una ristretta cerchia di persone.

La lezione che abbiamo ascoltato insieme tenuta da ragazzi e ragazze di rilettura della legge 67 del 2007 sulla disabilità e la ritrascrizione in linguaggio corrente e semplificato dei volantini della Rosa Bianca ci ha fatto percepire come per un ritorno alle radici della comunità sia essenziale ripartire da una “fatica”, da un “lavoro” comune di rilettura e comprensione.

Conoscere quello che la storia ha prodotto diventa una modalità per fare sì che i contenuti di libertà, di giustizia e di promessa di futuro possano emergere con una loro attualità.

Questo ridare vita alle parole, comunitario e in forte relazione con il nostro vissuto può ridare la possibilità di una nuova nascita, ridare forma, contenuto e sostanza alle nostre vite.

Buone pratiche per rivitalizzare i percorsi comuni

La partecipazione è un processo lungo e faticoso da preparare nella direzione del senso compiuto della democrazia. Nell’ambito della scuola di formazione abbiamo avuto la possibilità di incontrare e conoscere buone pratiche che hanno consentito di attivare le energie dei cittadini. E’ l’esperienza di molte amministrazioni che riconoscono le persone con i propri bisogni come unità di misura, coinvolgendo le diverse realtà operanti sul territorio in rete.

La sindaca di Crema Stefania Bonaldi ci ha reso partecipi del percorso della coprogettazione sociale, le persone mettono in gioco le loro competenze, con altre sensibilità che arricchiscono il percorso che si può dare. Le istituzioni possono accompagnare questi processi promuovendo fin dalle fasi iniziali della progettazione una forte corresponsabilità tra i diversi nodi e soggetti partecipi, e attraverso un “pensare insieme”, valorizzare le diverse competenze presenti.

Il coinvolgimento della comunità locale e la messa in comune di “saperi” e competenze disponibili ha trovato spazio sul territorio nella gestione dei beni civici della comunità di San Marco di Mereto di Tomba. Massimo Moretuzzo già sindaco di Mereto, ci ha reso partecipi dei progetti avviati a partire dall’ utilizzo delle proprietà comuni.

E l’esperienza di “insieme per il Lavoro” di cui ci ha raccontato Ambrogio Dionigi. L’ esperienza nata dalla collaborazione tra Comune di Bologna e Diocesi ha dato vita a nuove pratiche di cooperazione orizzontale, con l’obiettivo di massimizzare il reinserimento lavorativo di persone in difficoltà. Attraverso la condivisione delle modalità di azioni e l’applicazione di buone prassi il progetto ha visto il coinvolgimento attivo di imprese e ha dato la possibilità di sostenere soggetti in situazione di fragilità e offrire loro progettualità dedicate per percorrere la strada dell’autonomia.

La ricchezza di possibilità di partecipazione ci ha fatto conoscere l’impegno per progetti attivi per il sostegno di persone in stato di disagio e per l’accoglienza di famiglie di migranti raccontato dall’assessora ai servizi sociali della Valle di Sole Luciana Pedergnana.

Molti sono stati i percorsi avviati da realtà civiche, associazioni sul territorio che hanno coinvolto progressivamente una “rete” di realtà più vaste interessate a recuperare il volto della comunità e della partecipazione sul territorio. E’ l’esperienza del “Prato in fiera” avviata da alcuni anni a Treviso per prendersi cura di un “bene comune” che ha visto fin dall’inizio in fase di co-progettazione il coinvolgimento di diverse realtà per un intervento di riqualificazione e per riscoprire un luogo da far rivivere nella città.

Ambiente, casa comune

La soluzione ai problemi attuali non li ritroviamo all’interno dei nostri confini, del nostro punto di vista, ma solo ascoltando, leggendo nella loro complessità i diversi aspetti che possono contribuire a recuperare la dignità delle persone e le radici del vivere comune.

L’umanità è minacciata alla radice della nostra convivenza sociale e ci obbliga a considerare la democrazia come dimensione politica dell’ambiente. L’ambiente è la casa comune. È l’universo della vita.

La Laudato Si’ ci ha portato a riflettere “l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita.” (LS. n. 16)

In questa ricerca la possibilità di condividere insieme pensieri e riflessioni costituisce una ricchezza e una possibilità per la politica di interrogarsi sulle distanze da percorrere, sui nuovi confini da superare.

sintesi a cura di Fabio Caneri