Una tirannide da vincere con la forza dello spirito

Quest’anno ricade l’ottantesimo dell’uccisione dei giovani della Weisse Rose, li abbiamo ricordati il 18 febbraio scorso con un incontro on line. Come Rosa bianca italiana desideriamo, da qui a ottobre presentarli singolarmente con un breve ricordo:
Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell, Kurt Huber, Willi Graf, Hans Leipelt.

Prof. Kurt Huber
(24 ottobre 1893 – 13 luglio 1943)

Nasce a Chur in Svizzera, da genitori tedeschi, studia musicologia, psicologia e filosofia a Monaco.

Nel 1929 sposò Clara Schlickenrieder dalla quale ebbe due figli.[1]

In cattedra dal 1926, Huber è l’unico professore dell’università di Monaco che condivide la sorte dei suoi studenti resistenti della Rosa Bianca.

Loro andavano alle sue lezioni, ammiravano il modo con cui riusciva a parlare di autori ebrei, ad esempio Spinoza, grazie alla sua libertà intellettuale, nonostante avesse dovuto chiedere l’iscrizione al partito nazionalsocialista, nel 1940, per mettersi al riparo dal licenziamento, visto che nel 1936 era già stato denunciato come dissidente, vicino al cristianesimo e critico verso il regime.

Era un cattolico conservatore, come tanti dell’epoca, preoccupato di custodire i valori che la «modernità» nazionalsocialista cercava di scalzare: intelligenza critica e libertà intellettuale innanzi tutto.

Il docente, con grande umiltà va a discutere con Hans Scholl e Alexander Schmorell i testi dei volantini e ne scrive l’ultimo, con grande capacità di immedesimarsi nello stato d’animo dei giovani oppositori di allora, quasi gridando – al loro fianco – la rivendicazione della libertà, «il bene più prezioso», rubato a quelle generazioni.[2]

Kurt Huber venne arrestato il 27 febbraio1943.

Il 19 aprile 1943 fu uno dei principali accusati nel secondo processo del “tribunale del popolo” contro la Rosa Bianca e diventò il coraggioso avversario di Roland Freisler, presidente del tribunale.[3]

Tra il giorno dell’arresto e il processo, Huber prepara in carcere la sua apologia, utilizzando quella che il parroco Brinkmann, cappellano cattolico del carcere, ha definito (in una lettera indirizzata alla moglie Clara) “la sua pericolosa arma” : la penna.[4]

«La nostra[5] era una critica a palesi violazioni del diritto […] che l’attuale governo non potrà mai mettere a tacere»[6]

«Volevo che questa tirannide fosse vinta con la forza dello spirito. Con la forza dello spirito, non con la violenza! Vale a dire con la chiara consapevolezza morale che l’uso che oggi si fa della sola forza, l’annientamento di centinaia di migliaia di persone per puri interessi di potere, il soffocamento di ogni libera espressione di idee, di qualsiasi sana critica sono inconciliabili con la dignità di uno Stato di diritto e di un popolo civile»[7]


[1]WeiBe Rose Stiftung e.V. – Traduzione: Paolo Ghezzi, Matthias Durchfeld e dr. Umberto Lodovici

[2]Paolo GHEZZI – “La Rosa Bianca non vi darà pace” – Abbecedario della giovane resistenza – Ed. Il Margine 2014 pagg. 112 113

[3]WeiBe Rose Stiftung e.V. – Traduzione: Paolo Ghezzi, Matthias Durchfeld e dr. Umberto Lodovici

[4]ibidem

[5]Usa la prima persona plurale per indicare se stesso ed i suoi studenti

[6]Paolo GHEZZI – “La Rosa Bianca non vi darà pace” – Abbecedario della giovane resistenza – Ed. Il Margine 2014 pag. 115

[7]ibidem