La questione del quartiere di Sheikh Jarrah
da Ghada Duaibes**
Giorni tesi vive la Palestina dopo un calma apparente negli ultimi, forse, due anni. Il bilancio dell’aggressione a Gaza è salito ad oggi a più di 192 martiri e più di 1253 feriti, di cui 58 bambini e 34 donne. E la battaglia continua.
Alcuni di voi chiederanno quando leggeranno anche le informazioni sulle vittime israeliane! La mia risposta che non c’è bisogno di parlarne poiché i media italiani e occidentali in generale vi forniscono informazioni costanti sulle loro condizioni a scapito del popolo palestinese. Inoltre, Israele non fornisce mai i numeri delle sue “vittime”!
Con tutto il rispetto alle vittime dell’altra parte, lasciatemi spiegare, questa volta, il vero racconto dal punto di vista palestinese, la causa degli scontri di questi giorni e della infinita sofferenza dei palestinesi di Gerusalemme.
La battaglia iniziata a Sheikh Jarrah, un quartiere palestinese nella Gerusalemme est occupata, non è da oggi ma risale a decine di anni fa, precisamente dal 1972, quando 28 famiglie, profughi già prima da Jafa e Haifa nell’anno della prima Nakba del 1948, ricevettero l’ordine del tribunale distrettuale israeliano di evacuare le loro case. Da allora il quartiere subisce minacce di espulsioni forzate da parte dai coloni sostenuti delle forze di difesa israeliane. Sono 28 famiglie minacciate di sgomberi e sfollamenti. Dicono, una questione di sfratti! Sfratti per chi e a favore di chi? Sfratti a beneficio di coloni che dicono i terreni siano loro!
La storia comincia così, circa 55 anni fa, precisamente nel 1956, in seguito alla Nakba della Palestina nel 1948 e alla perdita per centinaia di famiglie palestinesi delle loro case, molti di loro hanno cercato rifugio a Gerusalemme. Divennero profughi sotto l’egida dell’UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel vicino Oriente). All’epoca Gerusalemme era sotto il governo Giordano (1948-1967), che decise, negli anni Cinquanta, in collaborazione con l’UNRWA, di reinsediare alcune famiglie a Gerusalemme, in cambio della rinuncia ai loro diritti di rifugiati. Quando seppero che sarebbero state costruite unità abitative per 28 famiglie palestinesi di rifugiati a “Sheikh Jarrah” in cambio della rinuncia alla tessera dell’agenzia (UNRWA) perdendo il diritto di rifugiati, accettarono di farlo. Così iniziarono una nuova vita nel quartiere nel 1956.
Alcuni di loro vissero per anni in un parcheggio di autobus a Gerusalemme!!
In cambio anche la Giordania stipulava un contratto con i cittadini affinchè pagassero gli affitti per un periodo di 3 anni e i contratti di locazione scadevano nel 1959,dopodiché le case sarebbero diventate di loro proprietà.
Tuttavia, dopo l’occupazione della Città Santa nel 1967 e l’annessione della sua parte orientale al controllo israeliano, i residenti furono sorpresi da due comitati ebraici che si recarono al “Land Department” nel 1972 e registrarono la loro proprietà di questa terra, che ha una superficie di circa 18 dunumi (18.000 mq, una parte di Sheikh Jarrah).
Questi comitati non informarono i cittadini di ciò che avevano fatto e iniziarono a chiedere di liberare le loro proprietà, sostenendo che non avevano il diritto di possederle, così che decine di casi si sono ramificati nei tribunali israeliani.
La verità è che il quartiere di Sheikh Jarrah fondato nel 1865, era già il quartiere residenziale di alcune famiglie palestinesi di benestanti, come Nashashibi e Nassiba.
Non solo anche il nome di Sheikh Jarrah è attribuito al principe Hussam al-Din al-Jerrahi, (morto nel 1202 D.C.) medico di Salah al-Din al-Ayyubi, colui che liberò Gerusalemme dai Crociati. La parola Jarrah in arabo vuole dire chirurgo, e il principe Jarrahi era il medico privato di Salah al-Din. Dunque il nome e la storia del quartiere ha risale a circa 800 anni fa.
Una battaglia giudiziaria in corso
Nel 1972, la comunità sefardita e il Comitato della Knesset di Israele, “ebrei ashkenaziti”, ricorsero ai tribunali per far valere il loro diritto di proprietà della terra dal 1885 sostenendo che le famiglie palestinesi se ne erano impossessate illegalmente. La magistratura, all’epoca imparziale nei confronti delle famiglie palestinesi, giudicò a loro favore.
Nel 1983, i coloni hanno nuovamente intentato una causa contro 12 famiglie per la proprietà delle loro case, da lì, il tribunale ha riconosciuto il diritto dei coloni israeliani alla terra pur preservando il diritto dei palestinesi di rimanere con un “contratto di inquilino”, pagando l’affitto agli israeliani. Questo di fatto vuole dire riconoscere da parte dei palestinese la proprietà ai coloni.
Il dibattito legale tra palestinesi e israeliani è continuato per decenni e la situazione è rimasta la stessa, ma nel 2008 il tribunale israeliano ha emesso una decisione per consentire a una delle famiglie di coloni di occupare la casa di una famiglia palestinese curda. Con un’altra decisione nel 2009 altre due famiglie sono state evacuate. Ora, altre 12 famiglie rischiano di essere sfollate.
Sono ben 160 persone di famiglie palestinesi del quartiere che hanno recentemente ricevuto l’ordine di evacuare le loro case, compresi 46 bambini. Questi appartengono a 12 famiglie diverse, e 28 famiglie allargate di rifugiati vivono in un’area di 18 dunumi (18.000 mq) a “Karm al-Jaouni” in Sheikh Jarrah, in tutto si contano 600 persone.
In questi giorni la scintilla è stata innescata dalla decisione del tribunale distrettuale israeliana di espellere le famiglie durante il mese di Ramadan. In coincidenza poi, con il così detto il “Jerusalem Day” sono arrivati dei coloni con deputati dell’estrema destra israeliana per espellere le famiglie che avevano ricevuto l’ordine del tribunale. Ciò è stato accompagnato da aggressioni continue delle forze israeliane contro i fedeli nella spianata della moschea di Al-Aqsa negli ultimi giorni di Ramadan. Le forze israeliane hanno anche impedito a migliaia di fedeli musulmani arrivati soprattutto dalla Palestina storica del 48 di entrare la Città Santa, per eseguire le preghiere.
Sono stati degli atti che hanno scatenato un’ondata di proteste palestinesi nella città di Gerusalemme e la solidarietà con le famiglie si è estesa giustamente alla Cisgiordania e alla Striscia di Gaza che purtroppo subisce la più grande devastazione.
A Gerusalemme si avverte da anni una “pulizia etnica”, questa di Sheikh Jarrah è solo una piccola parte della storia della sofferenza delle famiglie palestinese di Gerusalemme. L’obbiettivo è svuotare la città dei palestinesi in modo che quando si giungesse ai negoziati, se mai arriveranno un giorno… per risolvere il problema di Gerusalemme, la città sarà completamente “giudaizzata”, cioè, svuotata dai palestinesi, e quindi non ci sarà bisogno di alcun negoziato.
Infatti, le associazioni di insediamenti israeliane cercano di evacuare non solo i residenti del quartiere a Sheikh Jarrah, ma sono attive anche nella Città Vecchia e Silwan, a sud della Moschea di Al-Aqsa.
Per controllare più proprietà immobiliari a Gerusalemme vengono utilizzatediverseleggi e argomentazioni giuridiche, oltre l’interesse pubblico, il sostenere la proprietà ebraica prima del 1948, ma in particolare la cosiddetta legge del “tutore di proprietà assente”. Una legge che permette agli israeliani di appropriarsi delle case o terreni di chi sta fuori Palestina, soprattutto dei profughi palestinesi che non possono più tornare in patria.
Nel quartiere di Batn al-Hawa nella città di Silwan, l’infiltrazione degli insediamenti è iniziata nel 2004 con due avamposti, poi è aumentata nel 2014, portando il numero di avamposti a sei. Finora sono 23 famiglie di coloni vivono tra le famiglie palestinesi di Gerusalemme e il numero di ordini di sfratto dalle case ha raggiunto più di 87 ordini.
Da ogni danno c’è un vantaggio!
L’aggressione israeliana contro le famiglie palestinesi a Gerusalemme, l’ingiustizia praticata attraverso le sue varie armi e la grande sfida ai sentimenti dei musulmani durante il Ramadan, hanno risvegliato coscienze e consapevolezza dei palestinesi del 48. Parliamo dei palestinesi cittadini israeliani che vivono in Israele e chiamati arabi, per spogliarli dell’identità palestinese.
Tutto quanto, ha acceso le città arabe in Israele a sostegno di Gerusalemme e di Sheikh Jarrah e denunciando l’aggressione militare sulla Striscia di Gaza.
Ora, l’equazione di base per leggere la scena delle proteste del movimento popolare arabo in Israele è che la comunità araba è parte integrante del popolo palestinese e questi eventi costituiscono una nuova tappa e una pietra miliare nella lotta palestinese del 1948.
Per loro la bussola è Gerusalemme.
14 maggio 2021
** docente presso An-Najah National University