Una testimonianza sull’ immigrazione femminile

di Awa Kane*

Interventi di Awa Kane | Radio Radicale

Questa mia testimonianza riguarda non solo la mia esperienza, che se presa anche nella sua singolarità è importante, ma che è intrecciata insieme alle centinaia di altre storie di donne. Diventa storia condivisa di quello che possiamo nominare come “il Popolo delle migranti e dei migranti”, una nazione nuova.

Nell’ immaginario collettivo il fenomeno migratorio viene percepito come un fenomeno del tutto maschile, ma ciò non riflette minimamente la realtà fattuale. Oggigiorno l’immigrazione femminile supera il 50% degli arrivi e riguarda giovani donne; sole o con figli e figlie, quasi sempre minori o in tenera età. Per quanto riguarda i motivi … motivi gli uni più disperati degli altri: ci tornerò fra poco.

La migrazione della donna se non coinvolge il ricongiungimento famigliare è stigmatizzata e spesso associata alla prostituzione. Invece molte donne fuggono e chiedono asilo per motivi legati al loro genere, cioè al fatto di essere donne. Fuggono da guerre, da matrimoni forzati, da violenze domestiche, da esclusioni, dalla miseria, da stupri, dal giogo di una prepotenza maschile senza limiti. Queste donne sono assoggettate al potere maschile per motivi culturali o religiosi; un potere che vuole la donna sottomessa. E non può ribellarsi perché sprovvista di ogni mezzo di sussistenza … allora si trova costretta a subire senza fiatare soprusi senza fine in una società maschilista.

Come dicevo prima vari possono essere i motivi che spingono queste donne a lasciare la terra di origine per avventurarsi verso l’incognito; e questo viaggio può risultare un calvario perché queste donne affrontano non solo le violenze fisiche, sessuali ma anche simboliche e verbali. Devono fare fronte alla solitudine, alla fame, devono venire a patto con sfruttatori mettendo da parte il loro orgoglio, e spesso costrette con violenza e per necessità di sopravvivenza a “fare il più vecchio mestiere- della vita”. (Anche qui in Italia si diceva fino a poco tempo addietro: “fare la vita”!) E se tutto questo non bastasse devono affrontare un ultimo ma non meno pericoloso test, cioè il viaggio verso l’ Europa dove, come alla lotteria, si può vincere cioè sopravvivere oppure morire e sprofondare negli abissi dell’ oceano.

Per chi sopravvive ecco arrivano altri problemi da superare. Devi fare fronte all’indifferenza totale, zona “grigia” territorio della più oscura tristezza, devi affrontare l’impatto con sguardi di disprezzo! Volti ostili e sconosciuti, devi sempre giustificarti; chiedere perdono, elemosinare sorrisi …

Arrivi che sei clandestina e ti chiedi perché? Dentro di te portavi speranza di vita, l’immagine di un “eldorado”, un mondo in cui c è parità tra uomini e donne, un mondo in cui sia possibile- finalmente!- lasciarsi alle spalle, consegnare al passato tutti questi dolori vissuti.
Ma… I tuoi sogni si frantumano in mille pezzi ti dicono che devi fare fronte ad altre tante peripezie …per essere regolare. Poi una volta regolare devi cercarti un lavoro; e nella stragrande maggioranza sono lavori domestici sottopagati e confinati tra quattro mura. Vivi come un fantasma ambulante. Vaghi tra questa società ignara della tua esistenza e come diceva Fato Diome “Partire è diventare una tomba itinerante”.

Ma se aspirare ad una vita dignitosa ed umana, ad essere accolte/i in un luogo sicuro in cui radicarti e vivere i tuoi affetti, e liberare i tuoi desideri… ecco se tutto questo è “un Eldorado”, una “illusione”, allora vuol dire che siamo all’inferno.

No! Non è così! Non deve essere così!. Non può essere così! Io non ci sto! Noi non ci stiamo.

La Vita è più bella!!!

* associazione Diaphorà Kalè, Brescia