Pierre e Mohamed

Due martiri dell’amicizia

Una storia veramente toccante di una relazione essenziale che intreccia vite e vicende storiche nel tragico panorama algerino  degli anni ’90.

Pierre Claverie, vescovo cattolico di Orano, e Mohamed Bouchikhi, il suo autista, un legame umano che li ha portati a condividere, lucidamente, il martirio senza mai abbandonare il loro popolo.

Pierre, nato in Algeria da buona famiglia francese, non recide mai il legame con quello che ha sempre ritenuto il suo popolo che lo ricambia in questo legame ‘essenziale’ e lo riconosce.

Dalla prefazione di Timothy Radcliffe:

“Alla fine del funerale, ad alcuni venne chiesto di dare una testimonianza su Pierre. Una donna musulmana si alzò e disse che era diventata atea, ma che Pierre l’aveva ricondotta alla sua fede musulmana. Soggiunse: ‘Era anche il mio vescovo’. In quel momento la cattedrale si riempì di un forte mormorio, in lingua araba. Chiesi a chi mi era vicino cosa stessero dicendo. ’Pierre era anche il vescovo dei musulmani’, fu la risposta. “

Nel libretto si alternano capitoletti che riportano quanto detto, scritto o comunicato dai due protagonisti con una semplicità e, ripeto, essenzialità che Adrien Candiard, l’autore, pone bene in evidenza.

Mohamed:

“Come si può amare un paese malato, angosciato, che divora sé stesso ? Per me, è questo il mistero di Pierre”

Pierre:

“L’emergere dell’altro,il riconoscimento dell’altro, l’adeguamento all’altro sono diventati per me un’ossessione ……… ascoltando i discorsi sull’amore del prossimo non avevo mai sentito dire che l’arabo è il mio prossimo ……..”

“…concepire un’umanità plurale, non esclusiva …… pretendiamo di possedere la verità o di parlare in nome dell’umanità – nella chiesa cattolica ne abbiamo la triste esperienza per tutto il corso della nostra storia -,cadiamo nel totalitarismo e nell’esclusione.”

Mohamed:

riportando parole di Pierre …..”… prima del tempo del dialogo, ci vuole il tempo dell’amicizia”

Adrien Candiard:

“Capivo che si poteva amare Dio e la vita di un solo e stesso amore, un amore che ci divinizza proprio perché ci umanizza”  

Michelangelo Ventura