“Qualcuno doveva pur iniziare”

di Fabio Caneri

Ricordando Sophie Scholl
(9 maggio 1921, Forchtenberg – 22 febbraio 1943, Monaco)

Tra gli oltre 25.000 libri bruciati il 10 maggio del 1933 nella Piazza dell’Opera di Berlino ci sono le opere di Heinrich Heine. Nella sua tragedia Almansor scriveva: «Non è che l’inizio, laddove si bruciano libri, si bruciano anche esseri umani»

Sophie Scholl ha solo 12 anni e sceglie di prendere parte alle attività della Gioventù Hitleriana nonostante la contrarietà della famiglia. E’ il suo un percorso che parte da un entusiasmo iniziale, che poi via via viene smorzato quando sperimenta le contraddizioni e la disumanità del regime.

Insieme alle altre sorelle inizia a partecipare ad un gruppo segreto di lettura di libri proibiti. E’ l’occasione per approfondire un pensiero che differisce da quanto proclamato dalla propaganda nazionalsocialista.

A 16 anni propone tra gli autori da leggere al suo gruppo della Gioventù Hitleriana un libro di Heine. Di fronte allo stupore e agli sguardi interrogativi delle compagne dice: “Chi non conosce Heinrich Heine, non conosce la letteratura tedesca”.

“Bisogna avere uno spirito forte e un cuore tenero” è l’espressione di Jacques Maritain ripresa come motto da Sophie. E’ per lei il tempo delle scelte anche dinanzi ai resoconti drammatici che giungono da parte degli amici e dei fratelli Hans e Werner partiti per il fronte .

Sophie pur non essendo coinvolta nella preparazione dei primi quattro volantini della Rosa Bianca, partecipa alle serate di discussione e viene a conoscenza dell’attività di propaganda clandestina del fratello Hans e di Alexander Schmorell.

“Fate resistenza passiva, resistenza ovunque siate; impedite che questa atea macchina di guerra continui a funzionare” sarà scritto nel primo volantino della Rosa Bianca.
E’ un invito alla opposizione nonviolenta contro il regime criminale che ha condotto la Germania e il popolo tedesco a realizzare l’abominio dei campi di concentramento, le atrocità dei campi di sterminio e a portare le barbarie della guerra in Europa e nel mondo.

Insieme al fratello Hans decidono che è giunta l’ora di raggiungere un maggior numero di studenti con i volantini.
“È questo un inizio della lotta per la nostra libera autodeterminazione, senza la quale non possono essere creati valori spirituali” verrà scritto nel sesto ed ultimo volantino ciclostilato.

Vogliono distribuire alcune migliaia di copie nei corridoi dell’università di Monaco. Non passeranno inosservati.
Il 18 febbraio del 1943 vengono fermati e arrestati.

Dopo quattro giorni di interrogatori subiscono un processo farsa.

Di fronte al Tribunale del Popolo che deve giudicare loro e Christoph Probst dice: “Qualcuno – dopotutto – doveva pur iniziare. Ciò che abbiamo scritto e detto del resto è condiviso da molti altri. Solo che non osano esprimersi come abbiamo fatto noi”.

Sono condannati a morte per alto tradimento.
«Come possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c’è quasi nessuno disposto a dare se stesso individualmente per una giusta causa? È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’azione?» dirà Sophie poco prima di essere portata alla ghigliottina.

Nella sua cella, sul retro del foglio dell’atto di accusa, Sophie ha lasciato scritta la parola “Freiheit” (Libertà).
Una testimonianza e un messaggio consegnato a donne e uomini di ogni tempo.