Infodemia e fake news al tempo del coronavirus

Dalla verifica delle notizie all’interpretazione dei dati.

Dalla scuola di formazione di Assisi 2020 una sintesi di alcuni spunti emersi.
A cura di Irma, Sara e Andrea

Fake news e disinformazione

La disinformazione è sempre esistita ma con il passaggio dalla società post moderna a una società digitale, ha subito una forte trasformazione. Nella società digitale la disinformazione, quella che va in rete, utilizza la targetizzazione che tutti subiamo ogni volta che accediamo a internet. Migliaia di dati che passano e permettono di individuare e categorizzare migliaia di soggetti. Tutti veniamo profilati in qualche modo con un algoritmo di riferimento che ci seleziona. Numerose branche del sapere, la big data analysis, la psicologia cognitiva moderna e le neuroscienze, si occupano degli effetti sulla nostra psiche di queste tecniche.

Testi di riferimento:  The Filter Bubble: What the Internet Is Hiding from You – Eli Pariser

L’AGCOM ha catalogato le forme di fake news sulla base delle finalità della disinformazione; possono essere ideologiche, economiche/commerciali, scientifiche e provocare effetti di breve o di lungo periodo. Molte volte la disinformazione in rete si lega oltre che alla polarizzazione al messaggio d’odio, all’hate speech.

La percentuale di persone che crede alle false notizie aumenta a dismisura a seconda della situazione emotiva e quando il tipo di notizia è più tecnica; dipende dal device di lettura e dal grado di istruzione e conoscenza; è legata al contesto sociale di appartenenza e al ciclo politico.  Con il Covid19 le fake, la disinformazione, sono aumentate notevolmente nella primissima fase ( si parla di post-verità) perchè questa pandemia è un fenomeno nuovo, la scienza aveva risposte parziali e ha usato forme di comunicazione non ottimali; in un secondo momento la fiducia nelle fonti di informazione istituzionale è aumentata notevolmente anche perchè c’è stata una produzione di informazione enorme e la disinformazione online è stata molto marginale.

Per approfondimenti: https://www.agcom.it/documento-ippo 

L’informazione come bene comne

L’informazione dovrebbe essere un bene comune e la diffusione di notizie false è preoccupante e va contrastato perchè le fake news fanno molto male, generano anche morti. E la più grossa campagna di disinformazione che è stata fatta, la madre di tutte le disinformazioni in tempi recenti è quella contro Saddam Hussein nel 2003 basata sulla falsa notizia che il leader iracheno avesse armi di distruzione di massa.  Una guerra nata su una fake che ha provocato decine di migliaia di morti. Anche durante il Coronavirus la diffusione di notizie false ha spinto molti cittadini ad adottare comportamenti lesivi per la propria salute e quella degli altri ed ha contribuito a causare molti decessi .

Per non trovarsi in balia delle fake news ci sono due possibili antidoti: andare all’origine di chi ha pubblicato l’informazione e oggi abbiamo a disposizione tanti motori di ricerca che ci inducono ad andare alla fonte; consultare molte fonti di notizie.

Purtroppo in Italia c’è sempre meno pluralismo giornalistico rispetto a qualche decennio fa perché è diminuito il numero degli editori “puri”, che fanno giornalismo con questo unico obiettivo e non per servire altri poteri. Inoltre si è verificata una polverizzazione delle redazioni, il giornalista è meno libero, più soggetto a varie pressioni, deve lavorare di più su più fonti, spesso uscendo su molte piattaforme, in modo veloce, con scarso controllo delle notizie, con meno strumenti, non solo tecnologici ma soprattutto formativi. Manca il tempo e talvolta la volontà di fare un lavoro di verifica, di incrocio delle informazioni, di archivio per l’approfondimento delle conoscenze.

Anche i lettori diventano facilmente amplificatori di false notizie.

Internet e i social network sono oggi i mezzi più utilizzati dagli utenti per informarsi e crearsi un’opinione. Secondo il Censis la generazione sotto i 35 anni, per oltre il 60%, si informa direttamente dai social cioè scrollando con lo smartphon, fermandosi spesso alle prime 3,5 righe senza leggere, condividendo quando colpiti da un titolo.

In questo contesto, per realizzare un buon approfondimento, sia per chi fa sia per chi usufruisce dell’informazione, assume una grande importanza l’inchiesta.

Nei programmi d’inchiesta della Rai, il lavoro consiste in molte riunioni redazionali, tanto studio, nel metodo della verifica alla fonte, i sopralluoghi per vedere più volte un luogo,  conoscere le persone, i protagonisti delle storie. Anche questo lavoro, talvolta,  non è completamente libero,  per i tempi, per volontà a volte.

La task force della Rai e la Carta di Assisi rappresentano altri due esempi di come contrastare le false notizie. 

Il 31 marzo 2020 ha preso avvio un progetto del Servizio Pubblico per informare correttamente il Paese. Si è costituita una task force aziendale coordinata dal direttore di RaiNews24 Antonio Di Bella, che dal punto di vista operativo ha realizzato un data base coinvolgendo medici, virologi, epidemiologi, scienziati che hanno contribuito a dare un’informazione corretta, smascherando le fake news sia sul piano scientifico, sia su quello della coesione sociale. Si avvale di una chat a cui fanno riferimento 120 operatori RAI tra autori, giornalisti, dirigenti, direttori, vice direttori, che in particolare si occupano del tema della salute e della pandemia. Il metodo del dialogo si è rivelato importante perché ha permesso lo scambio di informazioni tra giornalisti, epidemiologi, medici e virologi e la collaborazione tra politica, società, scienza e religione. La seconda direzione seguita da questa task force è stata quella dell’ approfondimento scientifico, condotto sempre in collaborazione  con  il mondo scientifico.

La Carta di Assisi è un manifesto internazionale contro i muri mediatici firmato ad Assisi il 3 maggio 2019 da giornalisti, rappresentanti di associazioni, esponenti religiosi e cittadini per tutelare una buona informazione e un linguaggio improntato al rispetto, alla verità e alla responsabilità. Il documento è un decalogo accompagnato dal volume “Carta di Assisi. Le parole non sono pietre” che contiene il commento di autorevoli esponenti del mondo dell’informazione: da Lucia Annunziata a Sergio Zavoli, da Aldo Cazzullo a Paolo Ruffini, a molti altri. In definitiva, si tratta di un documento concepito da uomini e donne di varie culture e professioni con l’obiettivo di promuovere una responsabilità individuale e collettiva per un uso corretto delle parole.

Di seguito i video degli incontri tenuti presso la sala Stampa del Sacro Convento di Assisi lunedì 27 agosto 2020.

Il ruolo dei giornalisti al tempo della comunicazione globale
Alessandro Guarasci                       giornalista Radio Vaticana

Informazione e servizio pubblico, non bufale
Piero Damosso                                  caporedattore Tg1

Fake news e fact checking: I numeri dell’informazione
Marco Delmastro                             direttore ufficio statistico economico Agcom

Come nasce un’inchiesta giornalistica
Tommaso Giuntella                          giornalista, Agorà Rai 3

Disinformazione e propaganda
Alessandro Politi                                analista strategico

La Carta di Assisi e l’etica dell’informazione
p. Enzo Fortunato                               direttore rivista San Francesco