Scrivere, ricordare, parlare del nostro carissimo fratello maggiore, Gigi Pedrazzi, richiederebbe lo spazio dilatato di un lungo racconto e l’affluire lento e profondo dei pensieri, della memoria, degli affetti. Altri e altre ricorderanno il Terrazzi de il Mulino, il raffinato pedagogista, l’illuminato politico, l’appassionato laico adulto, in questa notte di veglia, lasciatemi raccontare di un amico.
Sì perché Gigi, mi permetto di chiamarlo solo così, ha attraversato la maggior parte della mia vita, delle vite di tante amiche e amici, molte delle quali sono state, con grande suo dispiacere, anche più brevi della sua e lo hanno preceduto nel banchetto celeste o sotto il pergolato di Israele, come amava narrare uno di loro, il comune amico Paolo Giuntella.
L’incontro con Gigi negli anni della mia giovinezza ha segnato completamente la mia esistenza, senza di lui e Achille Ardigò non avrei mai iniziato e continuato l’impegno politico, senza di lui mi sarei sentita un’estranea rispetto agli altri adulti della Lega democratica (che ad una movimentista di sinistra sembravano troppo democristiani e troppo uomini delle istituzioni), sarei scappata, senza la sua verve, le sue proposte avveniristiche ideate con il piccolo folle genio di Franco Pecci, il suo Foglio e il suo Ginnasio, le discussioni più che vivaci con Pietro Scoppola, le proposte coraggiose relative alla possibilità di costituire comunità di vita politica in alternativa, pur se non opposizione ai partiti politici: luogo di crescita, formazione, condivisione, a servizio della vita democratica del paese, come sognato dalla Costituente e trasformato nella individuazione delle “formazioni sociali” del dettato costituzionale, così amate anche da Roberto Ruffilli.
Alla fine dell’esperienza associativa della Lega democratica, fu proprio l’instancabile amico Gigi, con il suo spirito giovanile indomito ed eterno, il suo acume di grande e raffinato educatore, a spingerci verso la costituzione di una di queste comunità di vita politica, attraverso la nascita della Rosa Bianca, con la piccola Regola scritta da Fulvio De Giorgi, approvata a Firenze da Gigi, e l’invito a proseguire il cammino delle scuole di formazione estive da allora mai interrotto, alle quali fu fedele sino a pochi anni orsono.
Tra i tanti doni di quegli anni, però, il regalo più bello è stata la straordinaria occasione di farci incontrare un padre unico e prezioso, don Giuseppe Dossetti, in una modalità tutta speciale, intima e rivoluzionaria, per le nostre vite.
Nessuno di noi ha potuto dimenticare i due ultimi capodanno a Bologna sotto la neve, all’alba, per un’infinita ed emozionante celebrazione eucaristica, unica possibilità allora di ascolto e di dialogo con il monaco che ancora non aveva ripreso la sua parola pubblica con il suo profetico “Sentinella quanto resta della notte”.
Grazie alla fraterna e venerabile amicizia di Gigi con Don Giuseppe, dalla messa si passò a due mattinate di insegnamento che ci ridestarono dal sonno ed impressero una svolta radicale non solo dentro la nostra piccola Rosa Bianca, ma nella coscienza di ciascuno, ciascuna di noi.
Da quel freddo, da quella neve non siamo più potuti tornare indietro, pur con tutte le infedeltà e le incoerenze di un’intera esistenza, nel nostro sangue scorreva irrimediabilmente ormai la Parola, gli abiti virtuosi, la preghiera incessante, la sapienza della prassi, l’amore incondizionato per i poveri, la nostra stessa spoliazione, la politica come mera occasione, la castità degli intenti, solo per menzionare ciò che riaffiora, in questa notte di veglia per Gigi!
E che dire della storica iniziativa molti anni dopo de “Il nostro58”, una formula originalissima, di stampo pedrazziano, che ci vide nuovamente coinvolti con Vincenzo Passerini, anche qui nelle fasi iniziali, con tutte le iniziative sul territorio, poi proseguita con la nota caparbietà da un Gigi, anche solitario nelle sue punte di pervicace approfondimento.
Se queste sono state le grazie condivise, la Grazia di questo mio grande fratello, è stata sovrabbondante per me, nelle nostre frequentazioni di casa, all’Osservanza, a Sammartini, con la mia cara e amata Famiglia della Visitazione.
Senza Gigi non sarei mai stata a Sovere, anche qui la prima volta sotto la neve ( come tante altre volte!) a dicembre 1987, non avrei mai conosciuto Don Giovanni Nicolini, da allora mio speciale riferimento spirituale, non avrei conosciuto le stupende sorelle, donne, mamme e amiche di Sammartini, i fratelli, i Salmi per intero e soprattutto la lectio quotidiana che da sempre trova faticoso e lieto alloggio nel mio cuore!
E il viaggio pellegrinaggio in Russia prima della caduta del muro, le messe nelle hall degli alberghi, la cena dal Pope, l’incontro in latino con il parroco di Leningrado?
E sempre sempre sempre grandi risate, battute, racconti, ma anche qualche spavento e lacrima condivisa per la Ada, per chi era nato al cielo ma…ci mancava!
Caro Gigi, a questo punto la nostalgia mi pervade e penso al nostro ultimo incontro a Bologna, con Fabio Caneri, ora presidente di quella Rosa che fiorisce ancora!
Dovevamo venire a trovarti, ma sei venuto, tu, ci hai raggiunto, hai detto che così era più facile per noi, siamo stati insieme tante ore, ancora ad ascoltare i tuoi progetti di futuro, ancora fortemente dossettiani e a pensare che cosa potevamo fare ancora insieme, già ancora dire, fare, baciare, testamento…insieme!
Caro Gigi ogni volta che in questi ultimi anni il passo si è fatto stanco e la fatica lo rallentava tu sei stato per me, per noi guida sicura, mente vivace, pensiero leggero, fede profonda, cuore giovane, spirito sempre gravido di strisce di futuro.
Ti voglio bene e attraverso di te abbraccio tutta la tua grande famiglia.
Tua Grazia (Villa)