L’incontro presso l’Istituto Cervi con la presidente Albertina Soliani dello scorso 30 marzo ha consentito di raccogliere una testimonianza significativa di resistenza contro il fascismo.
E’ l’occasione per una riflessione rispetto ad una attualità che ci chiede di fare i conti con le macerie della storia. A più di 70 anni dalla nascita della Carta Costituzionale e della Dichiarazione dei Diritti dell’Umanità sono ancora presenti le sfide da promuovere e da intraprendere rispetto al riconoscimento dei diritti umani.
Là dove ricompaiono sulla scena slogan di epoca fascista e sembra crescere la propensione all’intolleranza e alla negazione di diritti per alcune categorie di persone (donne, poveri, rom, omosessuali, stranieri, musulmani…) l’umano con i suoi diversi volti appare una realtà fragile e minacciata.
Casa Cervi non è solo un luogo dove è iniziata la resistenza al nazifascismo nelle campagne, ma anche una comunità dove alcune scelte diventano determinanti.
Per sentirsi maggiormente libera la famiglia Cervi negli anni ’30 diventerà affittuaria di terreni che in precedenza erano destinati ad un rapporto di mezzadria.
Investirà in innovazione attraverso l’acquisto – accompagnato da perplessità tra gli altri contadini – di un trattore.
Coltiverà un laboratorio di idee. La madre Genoeffa che sapeva leggere e scrivere accompagnava nell’insegnamento e sollecitava i nove figli (sette maschi e due femmine) a non trascurare la crescita culturale.
La loro casa diventa luogo di incontro, di confronto e punto di riferimento per la distribuzione di testi e di volantini antifascisti; di accoglienza per le persone in fuga dal vicino campo di concentramento di Fossoli.
Lo studio e il desiderio di viaggiare porterà a unire alla novità del trattore, il mappamondo, simbolo di modernità.
La famiglia conserva una volontà di ricerca, una capacità di approfondire e una passione per la libertà.
Di fronte ad una storia, da cui attingono l’universalità dei valori umani, raccolgono elementi di interpretazione e di conoscenza.
Dopo il 28 dicembre, data in cui vengono fucilati dai fascisti i sette fratelli Cervi per una rappresaglia, nulla sarà più come prima, per papà e mamma Cervi, per le 4 vedove e gli undici nipoti.
Rimane la possibilità di narrazione per papà Cervi e per le figlie.
Rimane per noi anche grazie alla testimonianza di Albertina Soliani la possibilità di riscoperta dell’importanza di coltivare una spiritualità capace di una profonda condivisione anche laicamente connotata, una gratuità contraria alle ambizioni di potere e una libertà interiore di fronte alle scelte da affrontare.
“Dopo un raccolto ne viene un altro, andiamo avanti!“ diceva papà Alcide
E’ una responsabilità che ha richiesto un prezzo alto alla famiglia Cervi, così come ai giovani della Rosa Bianca tedesca. Voci che si sono alzate dinanzi al potere; piccoli gruppi in apparenza sconfitti sono diventati protagonisti dentro la storia, seme di una resistenza che produce cambiamento.
E’ uno sguardo che si allarga sul mondo fino ad arrivare ad accomunare il forte impegno in luoghi remoti per la ricerca di democrazia e per il riconoscimento dei diritti, cui ci richiama Albertina rispetto all’esperienza maturata a contatto con l’esperienza birmana e di Aung San Suu Kyi.