La Rosa Bianca italiana, davanti ai massacri che avvengono in Palestina, ritiene suo dovere prendere posizione, in modo essenziale ma chiaro, per la pace e contro ogni violenza.
Dovrebbe essere ovvio, ma ci accorgiamo che così non è.
Le efferate violenze, con il loro strascico di sangue, di lutti e di sofferenze, trovano un’eco profonda nei nostri animi.
In tali tragiche vicende, come spesso avviene a seguito di guerre, violenze e ingiustizie, il rischio è sempre quello di trasformarsi da vittime in carnefici, così sta accadendo in questi giorni terribili nell’annoso conflitto Israelopalestinese.
Se e nella misura in cui Israeliani o Palestinesi sono vittime noi solidarizziamo con loro e li sentiamo vicini, se e nella misura in cui sono carnefici noi li condanniamo e li sentiamo lontani.
Guardate sul passo della storia, le responsabilità coinvolgono – a livelli diversi – molteplici protagonisti della politica mondiale e la stessa comunità internazionale nel suo insieme.
E non vorremmo che la risoluzione ad un problema controverso, originato nel contesto degli imperialismi di un secolo fa, sia ricercata nello scontro tra gli imperialismi di oggi. Gli errori vecchi non giustificano nuovi errori, sempre più tragici.
Tutti gli esseri umani, prima di distinguersi per identità nazionale, condividono la medesima umanità. Nel cuore umano c’è il bene e c’è il male. Il compito della ragione, della pietà, delle religioni e dell’educazione è indicare la via del bene e condurre per tale via. Davanti alle aggressioni omicide e alle guerre – quella tra palestinesi e israeliani come quella tra russi e ucraini – il dovere umano è impegnarsi per superarle. La politica è contenimento nonviolento del male. Il contrario della guerra. E la guerra è il contrario della politica, il rifiuto della politica come ricerca di mediazioni possibili. In questo momento della storia dell’umanità in cui sembra rilegittimata la guerra, noi ripudiamo la guerra e continuiamo a preferire la politica, la trattativa, il dialogo e la mediazione.
Facciamo un appello a tutti gli uomini e le donne impegnati nella cultura, nell’educazione, nella politica: ricerchiamo soluzioni razionali collettive, non riconosciamo alle armi di morte la legittimazione di strumento possibile. Senza cultura di pace, ci arrendiamo alla guerra, ci arrendiamo alla barbarie, ci arrendiamo al male, ci arrendiamo alla morte. La vita nasce dall’amore, non dall’odio.
Noi non ci arrendiamo alla morte.