Lavoro e Dignità per uno Sviluppo integrale

di Sergio Colomberotto

Il convegno “Comunità cristiana e lavoro” realizzato dalla ormai collaudata equipe di associazioni Acli Milanesi, Comunità e Lavoro, Città dell’uomo, Rosa Bianca e Circoli Dossetti, è stata un’occasione per tornare alle origini del valore e del senso del lavoro nella vita delle persone. Come dice il titolo, con un approccio di fede.

Per un cristiano cos’è o cosa dovrebbe essere il lavoro nella vita di una persona?

Il convegno è partito da una riflessione già avviata dalle associazioni promotrici in un precedente seminario, prendendo spunto dal libro di Sandro Antoniazzi e Costantino Corbari “Lavoro e cristianesimo. Un problema aperto”. L’obbiettivo: declinare al futuro il percorso storico sintetizzato nel libro da Antoniazzi e corredato di testimonianze di credenti impegnati nelle Acli, nel sindacato, nella pastorale del lavoro.

Il filosofo Franco Totaro ha evidenziato come il magistero di Papa Francesco, abbia compiuto una svolta nel magistero sociale della Chiesa sul lavoro sia di metodo sia di merito, collegando il tema ambientale a quello economico e sociale nella Laudato Sì.

Secondo Totaro le associazioni cristiane come le Acli e l’Azione Cattolica, hanno perso di incisività sul tema lavoro riducendo il loro impegno alla creazione di “uffici al lavoro” con un’elaborazione poco vicina ai lavoratori in carne ed ossa, similmente a quanto hanno fatto le diocesi con gli uffici per la pastorale sociale e il lavoro. Occorre invece promuovere una partecipazione ecclesiale dal basso sulle questioni sociali e  sul lavoro con l’obiettivo di ricostruire un Ethos condiviso.

Non mancano riflessioni importanti ed innovative fatte da sociologi ed economisti sul lavoro e sulle trasformazioni profonde che in esso si stanno verificando, spesso specialistiche ed analitiche dei processi, ma che faticano a parlare ai lavoratori e ad avviare processi.

Secondo Totaro bisogna ripartire da una dimensione di senso che riesca a mobilitare le coscienze facendo diventare LA PERSONA l’utopia del futuro.

Riconoscendo che l’Agire della persona non è riducibile alla sola dimensione del lavoro, soprattutto se  finalizzata all’avere, cioè al guadagno che permette di consumare, che sembra essere il vero elemento di realizzazione nella società contemporanea. L’agire comprende tutto quanto ci mette in relazione con gli altri e quindi anche la dimensione dell’Essere, che trova la sua massima espressione nel Contemplare. La contemplazione è quella dimensione aperta al trascendente, che ci fa capire  ed apprezzare quanto riceviamo e non è prodotto da noi. Non è merito nostro e perciò non ci appartiene.

Questo approccio è quello che fa superare una logica individualista antropocentrica distorta, che vede il creato come qualcosa messo a nostra disposizione per essere usato e consumato, e il lavoro in una dimensione prettamente strumentale e produttivista.

Paolo Foglizzo, redattore di aggiornamenti sociali e autore assieme a p. Giacomo Costa sj di “Lavoro è Dignità”, un’ampia raccolta dei pronunciamenti di Papa Francesco sul Lavoro, ha sviluppato il proprio intervento convenendo sul rischio del riduzione della persona ad una sola dimensione, che nella nostra cultura è soprattutto quella del consumo, ritenuto la massima espressione di libertà e mezzo per raggiungere la felicità .

I Gesuiti hanno costituito un gruppo internazionale di riflessione sul lavoro, che a partire dal documento dell’OIL intitolato il Futuro del lavoro, cerca di dare un contributo nel solco della Laudato Si di Papa Francesco. Il progetto infatti si chiama Labour after Laudato Sì.

Se il lavoro è tutto ciò che trasforma l’esistente, esso non può essere ridotto al lavoro retribuito, che è funzionale a procurarsi il reddito necessario al consumo, vero oppio dei popoli contemporaneo. E tuttavia, anche  separare il concetto di lavoro da quello della retribuzione (per esempio parlando del lavoro di cura che ha una forte dimensione di gratuità) rischia di aprire a visioni che sfruttano la persona attraverso il lavoro.

L’OIL definisce ormai da molti anni il lavoro dignitoso come quell’attività produttiva che viene svolta in condizioni di libertà, sicurezza, eguaglianza e dignità umana. Ma questi concetti non sono intesi nello stesso modo ovunque. In un contesto internazionale, le diverse culture hanno punti di vista ed interpretazioni diverse degli stessi valori o dei termini che li esprimono.

Perciò occorre discernere tra trasformazioni positive e negative individuando criteri che possano trovare la massima condivisione.

In una visione cristiana della persona possiamo individuare nel lavoro 4 dimensioni: sociale (il lavoro è relazione, solidarietà,  condivisione),  economica (generare valore per se e per la società), ecologica (può far bene all’ambiente); spirituale (contribuisce allo sviluppo e alla realizzazione della persona).

Il lavoro contribuisce allo sviluppo integrale della persona quando ha tutte queste componenti e soprattutto quando non ne sacrifica alcune di esse. Perciò non è etico il lavoro che danneggia l’ambiente, né quello che produce morte e malattie alle persone (si pensi al caso ILVA d Taranto o alla produzione delle mine antiuomo).

I Gesuiti stanno facendo perciò un percorso che, oltre a costruire una rete globale delle realtà cristiane che si occupano di lavoro e a sostenere i leader di queste organizzazioni, intende approfondire 6 temi principali:

  1. lavoro ecologia e crisi ambientale;
  2. lavoro in relazione ai temi delal giustizia e della pace;
  3. lavoro, demografia e movimenti migratori;
  4. lavoro automazione e innovazione tecnologica;
  5. lavoro, impresa ed imprenditorialità del futuro
  6. lavoro e promozione dell’occupazione e  dell’innovazione sociale.

In particolare, sull’ultimo punto l’obiettivo è di coinvolgere le realtà di terzo settore, dove più spiccata è la tensione ha costruire valore sociale e la presenza di professioni che richiedono investimenti emotivi (lavoro di cura delle fasce deboli e vulnerabili).

Le slide della presentazione di Foglizzo sono disponibili al seguente link.

Enzo Torri ha raccontato la sua esperienza di una vita spesa per il lavoro nel sindacato, nelle Acli, nella pastorale del lavoro della diocesi di Brescia. Sottolineando la forte relazione tra i temi lavoro, sociale e politica.

Ha ricordato alcuni punti alti dell’impegno ecclesiale sui temi del lavoro come le Settimane Sociali della Chiesa Cattolica e le Scuole di Politica, evidenziando anche  la scarsa risonanza che queste hanno avuto nelle parrocchie.

Ha segnalato l’impegno dell’UCID e della Rete di Economia Civile per umanizzare il modello di produzione capitalistico.

Nella sua esperienza ha trovato conferma dell’analisi di Antoniazzi riguardo alla tendenza delle comunità cristiane a delegare alla Caritas  tutto ciò che riguarda i poveri, compresi i disoccupati. E la difficoltà a portare nelle parrocchie il tema del lavoro come quello della politica, con l’evidente risultato che i cattolici faticano ad essere incisivi in ambito politico e sociale. Anche la crisi economica di questi anni ha risvegliato l’attenzione dei cattolici sul lavoro solo temporaneamente, e si è affievolita ai primi segni di ripresa, almeno nei nostri territori.

Sergio Colomberotto ha esordito evidenziando la distanza che riscontra tra la sua esperienza professionale di lavoratore in una microazienda e nelle ditte medio – piccole che incontra, rispetto alla realtà con cui si confronta come delegato al lavoro delle Acli Milanesi.

Nelle piccole e medie aziende è molto difficile affrontare le tematiche richiamate dai relatori che lo hanno preceduto, pur essendo molto concreti alcuni dei problemi che sono  stati evidenziati.

Nelle Acli vi sono esperienze di lavoro molteplici, da quella nei servizi fiscali, a quella nel patronato e di chi lavora direttamente per l’associazione.

Semplificando al massimo: i Servizi Fiscali sono quelli che intercettano maggiormente il lavoro giovanile, in parte precario (gli stagionali).

Il Patronato è quello che offre una maggior vocazione sociale di attenzione e aiuto alle fasce deboli, con la compresenza di volontari (gratuiti e spesso appartenenti al movimento) e operatori professionali.

Chi lavora nell’associazione è invece più impegnato nell’elaborazione di proposte politiche che l’associazione può proporre, anche in sinergia con altri pezzi del sistema. Sono situazioni diverse che possono però aiutarci a capire meglio il mondo del lavoro e a dare un nostro contributo, se vengono messe in relazione.

I circoli svolgono poi un ruolo fondamentale di promotori della cultura del lavoro e di analisi della realtà, attraverso incontri culturali e iniziative che realizzano nei territori, in rapporto con la sede provinciale.

Colomberotto ha evidenziato come, in una società così individualista come quella contemporanea e un mondo lavorativo così frammentato, è importante puntare sulla persona stimolando il protagonismo individuale e orientandolo versi obiettivi di bene comune. Movimenti spontanei come quello cappeggiato da Greta e come le Sardine, sono esempi di questo protagonismo orientato al NOI.

A questi movimenti spontanei, autorganizzati e orgogliosi della loro autonomia da strutture precostituite, le associazioni come le Acli ed altre associazioni storiche possono offrire un supporto di competenza e di elaborazione ideale, facendo comprendere l’importanza di avere strutture adeguate per dare continuità all’azione sociale e politica e realizzare trasformazioni sociali positive e durevoli.

Per combattere il populismo e il sovranismo occorre offrire una visione di insieme come quelle che ci viene proposta sapientemente dalla Laudato Sì, traducendola in scelte concrete, semplici, di tutti i giorni, che fatte insieme ad altri e con continuità possono cambiare davvero la società.

Proporre una visione di insieme e obiettivi comuni che mettono al centro la persona nella sua libertà, ma anche nelle sue relazioni, può rappresentare l’alternativa alla risposta sicuritaria basata sulla diffidenza verso gli altri e la chiusura in se stessi.

Si tratta di un lavoro da fare dal basso, ma che richiede in chi lo promuove preparazione (quindi formazione) e spirito di iniziativa, capacità di trasmettere un approccio politico della realtà e fiducia nella possibilità di cambiare.

In questo i laici hanno le maggiori responsabilità, a cominciare da quelli che hanno maggior potere reale nei contesti sociali e produttivi. Per esempio le Acli potrebbero promuovere percorsi di formazione alla “classe dirigente degli ambiti produttivi” come già fanno per quella politica, per contribuire a cambiare le cose più rapidamente in ambienti di lavoro privi di rappresentanze sindacali forti. Mentre la Pastorale del lavoro, potrebbe porsi l’obiettivo di formare e sostenere i sacerdoti in un ruolo di supporto ai laici nella loro vocazione di trasformatori delle realtà temporali, nel lavoro, nella società nella politica.